A poco più di un’ora da Milano, sulla sommità dolce delle colline, si apre un paese dove il passo rallenta e l’occhio incontra più teste che tetti: era questo il primo impatto entrando a Golferenzo. Strade lastricate, case in pietra e una presenza felina che non si limita a essere un dettaglio: i gatti qui fanno parte dell’immagine pubblica del borgo. Chi arriva nota subito il contrasto tra la quiete dell’Appennino lombardo e una vita comunitaria che pare inclinata verso gli animali. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è proprio la capacità di piccoli centri come questo di trasformare una caratteristica locale in elemento identitario.
Golferenzo, il borgo dei gatti
Golferenzo si trova nell’area dell’Oltrepò Pavese, a poco più di 400 metri di altitudine, e conta una comunità molto ridotta: circa 131 abitanti, otto dei quali vivono nel centro storico. La storia del paese risale al Medioevo, quando la struttura abitativa fu organizzata come borgo fortificato attorno al palazzo signorile. Per secoli la famiglia Belcredi esercitò la signoria: i rapporti tra casato e contadini hanno lasciato tracce nell’assetto urbano e nella toponomastica locale. Nel corso degli ultimi anni un intervento di recupero ha riportato molte case al loro ruolo originale, creando il primo albergo diffuso realizzato in Lombardia; la ristrutturazione ha conservato pietre e volti delle abitazioni, restituendo al borgo un aspetto coerente e riconoscibile.
Il motivo per cui Golferenzo è spesso definito “borgo dei gatti” non è pubblicitario ma radicato nella pratica quotidiana: un antico proprietario amava i felini, e la presenza di questi animali è stata nel tempo preservata dalla comunità. Oggi quel tratto è diventato una risorsa identitaria, usata anche per promuovere l’accoglienza turistica senza snaturare il tessuto sociale. Un dettaglio che molti sottovalutano è come il recupero degli spazi pubblici abbia facilitato la convivenza uomo-animale, migliorando accessibilità e decoro.
La colonia felina e la vita nel centro storico
La colonia felina di Golferenzo nasce da una storia locale semplice e ripetuta in tante comunità: l’ultimo erede del palazzo signorile allevava molti gatti e, quando la gestione privata si interruppe, una residente prese a occuparsene. Da quel gesto è nata una pratica collettiva: le famiglie del paese hanno adottato e accudito gli animali, fino a creare una colonia stabile. Attualmente sono una ventina i gatti che frequentano il centro, ma il numero varia quando arrivano esemplari dal circondario. I felini si muovono liberamente tra vicoli e cortili, contribuendo a un’immagine del borgo che richiama visitatori italiani e stranieri.
Via Garibaldi, nota localmente come Via Garibaldi o in dialetto “Via dei Gât”, è diventata un simbolo: qui si trovano spesso i gatti più visibili, seduti su gradini o sui muri a osservare il passaggio. La convivenza è regolata da consuetudini pratiche e da una forma di rispetto collettivo: non è una riserva, ma un fenomeno integrato nella vita quotidiana, con cittadini che provvedono cibo e cure di base quando necessario. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è come questi animali contribuiscano a mantenere vivi gli spazi pubblici, offrendo occasioni di scambio tra residenti e visitatori.
Il rapporto tra animali e comunità è percepito anche nel turismo: i visitatori vengono per il paesaggio, ma restano per osservare la routine dei gatti tra le pietre antiche. Questo equilibrio ha favorito un’offerta ricettiva che punta su autenticità e lentezza, senza trasformare la presenza felina in attrazione spettacolare.

Come arrivare e cosa fare
Raggiungere Golferenzo è semplice: in auto si prende l’autostrada A21 ed è consigliabile uscire a Broni-Stradella, seguendo poi le indicazioni per Santa Maria della Versa e quindi per il borgo. Da Milano il tragitto richiede poco più di un’ora, traffico permettendo; in alternativa si può scendere alla stazione di Stradella e proseguire con un servizio di autobus locale che porta in paese in una ventina di minuti. Un dettaglio pratico che molti trascurano è la differenza di orari dei mezzi pubblici nelle stagioni diverse, utile da considerare quando si pianifica la visita.
La proposta per il visitatore è semplice e concreta: camminare per il centro storico, osservare i resti dell’antico castello e la struttura del palazzo dei signori, visitare le antiche prigioni e la chiesa di San Nicola, risalente al Seicento con interni più curati rispetto a molti edifici parrocchiali della zona. Il panorama sulla Val Versa e i vigneti circostanti è un motivo in più per fermarsi: la campagna attorno a Golferenzo è nota per la produzione vitivinicola dell’Oltrepò, un contesto che integra paesaggio e gastronomia locale.
Per chi ama mangiare dove vive la gente del posto, ci sono trattorie e osterie che propongono piatti della tradizione; fermarsi a pranzo è un modo concreto per sostenere l’economia locale e comprendere come la tutela del borgo passi anche dalla ristorazione. L’appartenenza al circuito de I borghi più belli d’Italia sottolinea un lavoro collettivo di conservazione: il borgo conserva la sua calma, e chi lo lascia spesso si porta dietro l’immagine di un gatto appoggiato a un muretto che guarda i filari, pronta a tornare quando vuole.